Scrivere a mano

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Sono sempre stato un fan del digitale, in maniera anche un po’ compulsiva. Utilizzare la tecnologia mi è sempre piaciuto e spesso anche servito.
La mia spasmodica volontà di trascinare per un orecchio il mio emisfero destro verso l’efficienza – l’emisfero che guida maestoso la mia vita – mi ha portato negli anni a continuare a cercare il modo migliore per organizzarmi e pianificare le cose da fare all’interno delle mie giornate.

Penso sia una sete fisiologica, la conseguenza naturale di tutte quelle lotte disastrose tra le mie due nature, nature che negli anni mi hanno portato più volte a saltare da una parte all’altra della barricata – ora musicista, ora ingegnere, ora sì ora no, come la freccia dei carabinieri in una vecchia barzelletta.

Attraversando tutto questo, folgorato lungo la strada di Damasco, ho scoperto di avere un’unica grande ossessione che mi avrebbe traghettato verso il sicuro successo, verso una immensa ricchezza e una serenità che niente e nessuno avrebbe potuto mai scalfire: imparare a gestire il tempo in maniera efficace.

Adesso quindi è una cosa che so fare bene? Beh… Non lo so. Diciamo che è un’attività nella quale non ho mai smesso di voler migliorare.

Ho cercato di individuare un contenitore che scaricasse a terra le cose da fare, tenendo conto delle dovute priorità, ma lasciasse anche spazio a un po’ di sano stream of consciousness, proveniente dritto dritto dall’emisfero destro.

Ho provato davvero tante soluzioni e letto e testato svariati libri e teorie; alla fine credo di avere trovato una buona panacea. Nonostante questo io non sono mai stato uno che si siede sui risultati, anzi, adoro i cambiamenti e le novità, per cui anche questa cosa non è riuscita a togliermi del tutto la sete.

Lo strumento che ho usato negli ultimi anni non è altro che un’app per organizzare i task come ce ne sono a decine. Permette di gestire le priorità e programmare degli alert giornalieri o orari, nonché degli obiettivi di completamento che poi, una volta raggiunti, danno dei punteggi – ed ecco l’emisfero destro che batte cassa: gamification!

Poi un giorno mi viene regalato un libro che parla dell’importanza dello scrivere con la penna per ricreare TU-organizzatore un giornale delle cose da fare, banalmente un’agenda, seguendo poi una serie di nozioni e regole per gestire questo materiale nel tempo.

E qualcosa si accende nella mia testa.

Sono davvero anni che non scrivo a mano in maniera consistente, sì qualche appunto durante le riunioni in ufficio o i biglietti di auguri e le liste della spesa, ma niente di più; di certo non scrivo paginate di cose da fare e in maniera metodica e giorno per giorno, che è quello che il libro propone.

Se da un lato scrivere è una cosa che l’avvento del digitale sta riducendo, dall’altro il bisogno di continuare a farlo rimane comunque vivo, in maniera naturale e istintiva, nonostante il digitale. E’ un bisogno, e quindi una soddisfazione, che dentro di me ho ritrovato, per cui non ho fatto molta fatica a riprendere. La cosa mi ha piacevolmente sorpreso.

Il fatto di iniziare a farlo regolarmente mi ha portato a osservare che scrivere con una matita o una penna sulla carta è una cosa stupenda, basata di una serie di processi inconsci, antichi ma dirompenti, ai quali non avevo mai pensato seriamente. Da un punto di vista sensoriale l’ho trovato particolarmente appagante e, ricercando qua e là, ho anche scoperto che ci sono davvero parecchi vantaggi nel farlo (https://www.illibraio.it/news/storie/perche-scrivere-a-mano-760145/ https://libreriamo.it/libri/scrivere-migliora-la-vita-ecco-10-benefici-della-scrittura/.

In termini pratici scrivere su un foglio tutto ciò che si deve fare permette di svolgere molto efficacemente un processo di analisi e rifinitura di ciò che abbiamo in testa o dobbiamo fare, ci consente di vedere le cose, di ragionarci e riorganizzarle al meglio e soprattutto di svuotare la testa dai pensieri. Il fatto poi di ricopiare a mano i task non compiuti, spostandoli regolarmente da un giorno al successivo, permette di filtrarli costantemente, valutandone l’importanza di giorno in giorno e stabilendone costantemente quindi la loro priorità o il fatto invece di poterli tralasciare o gestire in altro modo.
I vantaggi di questa metodologia sono davvero tanti.
Si tratta un po’ dell’uovo di Colombo, me ne rendo conto, e dà l’idea di essere poca cosa, ma non lo è per niente, tanto più se la si riesce a mettere in pratica in maniera metodica.

Adoro anche il fatto che scrivere è soprattutto semplicità, quindi poche cose: una matita e un foglio. Fine.

Ci sono parecchi tentativi, anche molto ben riusciti, di strumenti e tablet pensati proprio per emulare la scrittura su carta. Ma a mio parere non è la stessa cosa.
Non trovo per niente in sintonia con il concetto in se dello scrivere il fatto di poterlo fare all’interno di uno strumento che ti consente, mentre staresti scrivendo, di poter accedere ad internet, di poter aprire altre app, di poter guardare la posta, facebook, instagram, di doverlo fare continuando a guardare uno schermo retroilluminato, ecc… In questo modo ci si ritrova immersi in un contesto zeppo di distrazioni, infinitamente più forti di qualsiasi forza di volontà – della mia sicuramente! – che renderebbero il fatto di stare lì concentrati a buttare giù le nostre idee un’attività improba, praticamente impraticabile o comunque molto più densa e stressante del buon vecchio carta e penna. Less is more!

Si avvicinano di più alla cosa quei tablet pensati solamente per scrivere, ma anche in quel caso i vantaggi che il sistema offre (carta infinita, archiviazione digitale e altre cose comunque molto utili) vengono barattati con uno schermo che, per quanto simile a un foglio di carta, non è un foglio di carta, con un pennino che, per quanto simile ad una matita o a una penna, non è una matita o una penna e con una sensazione che non è paragonabile alla sensazione della scrittura tradizionale.
Manca il rumore della grafite che scorre sulla carta, mancano gli odori e tutte le sensazioni legate alla fisicità di un gesto antichissimo, ma che ogni volta si rinnova in un’esperienza unica nella sua semplicità. Questione di gusti, mi rendo conto anche di questo.

Scrivere veramente sulla carta significa anche fissare i concetti su di un supporto vulnerabile, fogli e pagine che potresti perdere o che possono strapparsi o sgualcirsi. Questo ti porta a dare un’attenzione differente a ciò che scrivi e all’oggetto su cui lo hai scritto. Siccome si tratta di carta, e non di file, devi scrivere effettivamente solo quello che ti serve veramente e soprattutto stabilire con cura dove conservare il tutto.
Sto parlando soprattutto di appunti e to do list o comunque materiale destinato alla propria produttività. Diverso sarebbe lavorare ad un testo corposo, un romanzo, una tesi, scrivendo tutto quanto a mano su fogli o quaderni. Ecco, quest’ultima cosa non mi sentirei proprio di provare a farla senza l’ausilio di un qualche paracadute (vedi backup in cloud o simili).

La bellezza dello scrivere a mano sta anche nel vuoto che lascia intorno a te la cosa, nel fatto che deve accadere senza distrazioni e quindi in un contesto semplice e sgombro. E’ un’ottima opportunità per prendersi un po’ di tempo per se, immersi nella quiete, riorganizzando le proprie idee.

Io trovo anche nell’utilizzo della carta un piacere paragonabile a quello che mi danno i libri fisici, rispetto invece all’utilizzare gli e-reader. Ho imparato a valutare maggiormente la qualità del supporto, sulla base delle sensazioni che mi dà nell’utilizzo, spesso anche a discapito della praticità. Soprattutto perché, a mie spese, ho imparato che andare più lenti significa frequentemente andare in realtà molto più veloce.

Per coinvolgere anche l’emisfero destro nell’operazione ho comprato alcune penne di varie forme e colori che uso regolarmente per mantenere questo mio nuovo diario sufficientemente piacevole alla vista. In sostanza ho cercato di realizzare un mio orticello per la produttività in modo che sia anche un luogo bello da frequentare. La cosa funziona, come dicevo.
Per quanto difficile sia mantenerlo con costanza (quella è la vera difficoltà!), è sicuramente un luogo di riflessione e massima efficacia, non soltanto lavorativamente parlando.

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2 Commenti

    1. In effetti… Io decisamente ho riscoperto la penna (o la matita) e – rullo di tamburi – l’agenda cartacea! Sono quasi arrivato a commuovermi, della cosa. Un abbraccio Francesco.

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